(e)labora · Summer School 2016

di Fernando Liuzzi

Sui temi pensionistici è necessario il confronto

A metà settembre il confronto tra governo e sindacati sulle pensioni è giunto alla stretta che precede la nuova legge di Stabilità. Ma la partita intorno ai provvedimenti in campo previdenziale, in particolare sulla flessibilità pensionistica, si è avviata da tempo. Ai primi di maggio, proprio Lavoro&Welfare – in collaborazione con Progressi – ha lanciato una petizione a sostegno della proposta di legge 857, nata nel 2013 alla Commissione lavoro della camera dei deputati. Pochi giorni più tardi il governo ha calato la propria apertura: l’anticipo pensionistico, noto con l’acronimo di Ape. Il 5 luglio, la petizione raggiunge le 50mila firme.

Così, quando, nel pomeriggio del 15 luglio, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, e il presidente di Lavoro&Welfare, Cesare Damiano, danno vita al primo confronto di (e)Labora 2016 – coordinato dalla giornalista di Libero Elisa Calessi – il dibattito politico sulle pensioni ha già raggiunto una certa intensità. La questione è calda: nel 2011, la Monti-Fornero ha irrigidito il sistema pensionistico, cancellato qualsiasi forma di gradualità, lasciato sul terreno gli esodati e colpito duramente la fascia d’età dei nati tra il 1952 e il ’53. È, perciò, necessario articolare una forma di flessibilità in uscita dal lavoro. La questione, ardua, è: in che termini?

La proposta 857 prevede la possibilità di anticipare l’età pensionabile fino a un massimo di quattro anni. Con un meccanismo di penalizzazioni ed incentivi. La petizione lanciata da Lavoro&Welfare è centrata sulla necessità di correggere le conseguenze della Monti-Fornero, a partire dall’introduzione della flessibilità in uscita dei lavoratori più anziani che porta con sé anche l’apertura di prospettive d’ingresso al lavoro dei giovani. Ma ci sono, poi, altre questioni: ottava salvaguardia per gli esodati; “Opzione donna”; ricongiunzione non onerosa dei contributi; uso delle risorse del Fondo lavori usuranti; lavoratori “precoci”; indicizzazione per le pensioni medio – basse.

Via via, Calessi snocciola i nodi da sciogliere. Siamo sicuri che se l’anziano va in pensione il giovane trova lavoro? Cauto, sul punto, Nannicini: questo effetto importa fino a un certo punto. È interessante, ma non dirimente. Dare flessibilità in uscita nelle scelte individuali è un obiettivo di politica pubblica. Dare flessibilità in uscita è obiettivo in sé.

E sul prestito pensionistico? Damiano: l’idea del prestito non convince molto. Come sempre, non è tanto il nome a importare, ma sapere come funziona lo strumento. Il prestito e la relativa assicurazione vengono pagati dallo stato? Se con un mano si paga il prestito e con l’altra si incassa lo sconto fiscale, va bene. Chi è disoccupato a 62 anni e non va in pensione, diventa povero. I precoci hanno diritto ad andare in pensione. Come chi fa un lavoro usurante e chi è invalido e ha subito uno stress particolare.

Damiano esprime fiducia nel confronto tra governo e sindacati. In una manciata di minuti, i punti del dibattito che, per l’intera estate, rimbalzeranno nel confronto tra governo, parti sociali, parlamento e forze politiche sono stati messi a fuoco. E si va avanti con il ruolo dei sindacati, il contratto a tutele crescenti e la struttura dei bonus e degli incentivi fiscali, la superficialità degli interventi dell’Inps e della ragioneria generale dello stato nel corso del processo legislativo e nell’applicazione della normativa; soluzioni per precoci e usurati; ripristino del cumulo gratuito dei contributi; voucher.

L’impressione è che le distanze tra i “duellanti” non siano, poi, così grandi, nonostante la prudenza necessaria in una fase delicatissima in cui l’avvio di un “tavolo” tra le parti sociali e il governo è ancora incerta. “Siamo a un punto interessante” – osserva Damiano. “C’è un orientamento sociale del governo. Questo dovrebbero capirlo in tanti. La serenità sulla giustizia sociale è importante. Se noi di sinistra mostriamo attenzione a chi ha meno, se mostriamo che abbiamo in testa l’equità, facciamo bene.”

Il tavolo, la cui necessità è stata sostenuta fin da maggio da Damiano e altri parlamentari, è aperto e procederà ancora. Il 28 settembre il governo e i sindacati firmano un verbale condiviso su riduzione delle imposte sulle persone fisiche per i redditi da pensione, aumento dei trattamenti pensionistici di importo più basso, cumulo gratuito dei contributi, azioni a favore dei lavoratori precoci, lavori usuranti, flessibilità nella previdenza complementare, interventi di riforma del sistema contributivo, perequazione dei trattamenti pensionistici. Nel piatto, 6 miliardi di risorse. Nel verbale si parla anche dell’Ape, ma il confronto sull’Ape “social” è ancora da svolgere. Manca, poi, in modo evidente, l’ottava salvaguardia. Così come restano da definire molte cose tra cui la platea dei lavoratori precoci interessati dai provvedimenti. E questo è lavoro per l’immediato futuro. Ciò che è sicuro è che il governo ha riconosciuto l’utilità di mettersi seduto a un tavolo con le parti sociali alla ricerca di soluzioni, se non concertate, perlomeno discusse e condivise.

Fernando Liuzzi

è gironalista de Il Diario del Lavoro

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