Analisi

di Giovanni Battafarano

La ripartenza dell’Ilva e di Taranto non ha bisogno solo di programmi e di investimenti. Ha bisogno anche di un rinnovato spirito cittadino

Con l’Accordo Ilva di qualche giorno fa, si chiude la fase avviata nel luglio del 2012. quando l’incisiva iniziativa della magistratura mise a nudo l’assoluta inadeguatezza dell’Ilva dei Riva a garantire la salute dei lavoratori e dei cittadini, la tutela dell’ambiente e quindi anche la sicurezza e la stabilità del lavoro. Sono stati sei anni di incertezze e di confusione sulle prospettive e si è corso il rischio di un declino incontrollato dell’Iilva, che non avrebbe certo aperto la strada alle bonifiche e al risanamento ambientale.
Con l’Accordo, comincia una nuova fase nella quale tutte le Istituzioni centrali, regionali, locali, le organizzazioni datoriali e sindacali, le associazioni ambientaliste e portatrici di interessi, indipendentemente dal giudizio sull’Accordo stesso, hanno la possibilità – direi il dovere – di svolgere funzione attiva di guardiania civile e sociale, affinché, da tale Accordo, si ricavi il massimo possibile, in termini di tutela della salute, dell’ambiente, del lavoro. Non si tratta più di fare o non fare un Accordo, ma di attuarlo nel modo migliore. Ognuno sia fedele alla sua mission, ognuno, tuttavia, veda, in chi ha dato una valutazione diversa, un interlocutore, non un nemico né tantomeno un traditore.
Taranto oggi è una città divisa, come mai lo è stata in un recente passato. Una comunità lacerata è una comunità debole. Abbiamo tutti il dovere di lavorare per realizzare un grado più alto di unità. Unità non significa appiattimento, ma capacità di realizzare una sintesi che guardi anzitutto all’interesse collettivo. Oggi Taranto è una città industriale, scontenta di esserlo. Costruire una nuova identità civica significa giocare alcune carte preziose che sono a nostra disposizione: le bonifiche, la rigenerazione urbana, gli straordinari Beni culturali di cui disponiamo, la portualità e la logistica; un’industria profondamente trasformata, rispettosa della salute, dell’ambiente, dell’uomo.
Tuttavia, la ripartenza di Taranto non ha bisogno solo di programmi e di investimenti. Ha bisogno anche di un rinnovato spirito cittadino. Meno tifoserie da stadio, meno messaggi di rancore, quando non di odio; più solidarietà, più considerarsi parte della stessa comunità. Baresi e leccesi sanno trovare l’unità più facilmente di quanto non riusciamo a farlo noi tarantini. Molto possiamo e dobbiamo fare noi tarantini, ma qualche buon esempio può venire dall’alto.
All’Accordo Ilva hanno lavorato, nell’ultimo anno, almeno due Governi di diverso segno; almeno due ministri dello Sviluppo Economico. Si è verificata la staffetta, come sempre avviene nella storia delle Amministrazioni. Calenda ha dato atto a Di Maio di aver cambiato idea (il che spesso è un merito, non una colpa!) e di aver concluso un buon Accordo; perché Di Maio non riconosce che, senza il lavoro precedente, difficilmente si sarebbe concluso un Accordo che i protagonisti politici e sociali giudicano positivo? La storia non comincia il 4 marzo o il 1 giugno, quando il governo Conte si è insediato. Nella vita di una comunità, opera un filo di continuità tra passato e presente, che è l’unica condizione per costruire un futuro positivo. Il “presentismo” non va oltre la fugacità dei social, come ci ricorda un recente libro di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo “Prigionieri del presente” (Einaudi editore).
Attuare con rigore e partecipazione l’Accordo Ilva è una prova che deve impegnare tutti. In questo senso, è un punto di partenza e non un punto di arrivo.

Giovanni Battafarano

Giovanni Battafarano

è segretario generale di Lavoro&Welfare. È stato sindaco di Taranto e parlamentare.

Share This