Relazioni industriali

di Franco Martini, Segretario Confederale Cgil

Le sfide proposte dalle profonde trasformazioni, guidate in particolare dall’uso massiccio dell’intelligenza artificiale e della robotica, impongono un salto di qualità nella cultura delle relazioni industriali

L’accordo con Confindustria si aggiunge alle intese già raggiunte con le altre associazioni datoriali, sulla proposta unitaria Cgil, Cisl, Uil per un nuovo modello di relazioni sindacali. È un risultato che rimette al centro il ruolo delle parti sociali, per rendere la contrattazione una leva positiva a sostegno dello sviluppo. Lo spessore della crisi che ha attraversato il decennio e le sfide proposte dalle profonde trasformazioni, guidate in particolare dall’uso massiccio dell’intelligenza artificiale e della robotica, impongono un salto di qualità nella cultura delle relazioni industriali. L’accordo, infatti, oltre a definire nuovi indirizzi in materia di contrattazione, apre a sperimentazioni nel campo della partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla gestione dei processi organizzativi delle imprese.
L’intesa riconosce la necessità di conseguire un aumento del valore reale dei salari anche al primo livello di contrattazione, oltre il recupero inflazionistico, definendo le modalità di una possibile redistribuzione della produttività, attraverso elementi salariali che dovranno concorrere a definire il Trattamento Economico Complessivo. Naturalmente, si tratta di un criterio che le diverse categorie potranno adottare attraverso modalità flessibili, poiché ogni settore ha caratteristiche e condizione diverse.
Naturalmente, la crescita dei salari non è disgiunta dall’obiettivo di determinare un incremento della produttività, a fronte di un differenziale, rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, causato dal permanere di significative diseconomie esterne al sistema delle imprese. Al tempo stesso, si tratta di un gap che va colmato rilanciando un piano di investimenti pubblici e privati, per favorire gli indispensabili processi di innovazione.
Anche per questo, l’accordo fa della formazione uno degli assi strategici fondamentali, non solo nella dimensione aziendale, ma come politica in grado di ridurre il divario fra il sistema scolastico e formativo, la ricerca e il mondo delle imprese.
Senza questo salto di qualità, il rischio è che la ripresa in atto riproponga le vecchie contraddizioni del nostro sistema produttivo. L’inversione di tendenza sul versante degli infortuni, che ha registrato un aggravamento nell’andamento statistico, può rappresentare un segnale preoccupante di quanto la ripartenza dell’economia non abbia sufficientemente assunto la qualità del lavoro quale scelta indispensabile, affinché la ripresa possa avere carattere strutturale.

Questo testo fa parte di una serie di articoli scritti dai partecipanti al convegno “Cgil, Cisl, Uil e Confindustria: una svolta nelle relazioni industriali?”

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